sabato 31 dicembre 2011

la (prima) bistecca artificiale



E' Arrivata...



La Gallina

………….Percorremmo una fila di corridoi e prendemmo l’ascensore in discesa. Io chiusi gli occhi. Venire giù da quelle altezze era impressionante. Passammo dal quarantesimo piano al piano-terra, e poi giù ancora.

— Salta

— mi disse a un certo punto Gus.

— Siamo arrivati.

Eravamo dieci livelli sotto terra.

Saltai. Il Reparto Meno Dieci trasudava acqua dalle pareti. Il soffitto era sorretto da immensi piloni. Intricate condutture attraversavano il corridoio nel quale ci addentrammo.

— Lì dentro scorre la soluzione nutriente

— mi spiegò Herrera. Domandai di che cos’era fatto il soffitto.

— Cemento e piombo

— mi rispose.

— Serve a schermare i raggi cosmici.

— Poi aprì una porta.

— Ecco dove nascono i polli Chicken

— annunciò con orgoglio. Io guardai e mi venne la nausea. Eravamo in una immensa cupola quasi tutta riempita dal “pollo” di color grigio- bruno. Decine di condutture passavano in mezzo alla massa di “carne” pulsante. Quel “pollo” era vivo!

— Io passo la giornata qui

— riprese Herrera.

— Sorveglio continuamente la mia gallina, e quando una sua parte si gonfia rapidamente e si vede a occhio che è sana e tenera, taglio via il pezzo.

I miei aiutanti si impadroniscono della porzione, la tagliano in pezzi più piccoli, e li sistemano sui nastri convettori.

— Mi indicò u

na serie di aperture nella parete, dove sparivano dei nastri mobili.

— Di notte continua la crescita? — mi informai. — No. Di notte l’afflusso della soluzione nutriente viene regolato al minimo. Ogni notte la mia gallina quasi muore, e ogni mattino rinasce a nuova vita, come Lazaro.

— Col suo coltello diede un paio di colpetti affettuosi alla massa palpitante.

— Le vuoi bene!

— esclamai, sbalordito.

— Certo

— disse.

— La m

ia gallina mi aiuta.

— Si guardò attorno, compì tutto il giro della cupola sbirciando dentro ogni convettore, poi prese un bastone da uno dei tunnel e andò a metterlo contro la porta della cupola, inserendolo fra una scanalatura del pavimento e una sbarra che attraversava il battente. Così la porta era sprangata.

— Ti farò vedere un mio trucco

— mi disse, sorridendo. Con un gesto da prestigiatore tolse di tasca una specie di fischietto che funzionava con una piccola pompa collegata a un minuscolo serbatoio d’aria.

— Lo chiamano il fischietto di Galton, ma chi sia questo Galton non lo so 2 . Guarda, e ascolta. Azionò la pompa puntando il fischietto contro il “pollo”. Non sentii alcun suono, ma rimasi di stucco vedendo formarsi una depressione semisferica nel protoplasma, in corrispond

enza di una conduttura. Non ti spaventare

— disse Herrera. P

Premette più forte sulla pompa, e contemporaneamente mi passò una torcia elettrica che io automaticamente accesi. Herrera continuò a dirigere il fischio silenzioso contro il “pollo”, e la massa reagì aprendo in sé una cavità sempre più grande, finché si formò una specie di corridoio a volta il cui pavimento coincideva con quello del locale. Herrera penetrò nel passaggio dicendo:

— Seguimi. …………………… ( da I Mercanti dello Spazio)

1962, Phol inventa per primo(?) il petto di pollo artificiale , ambientato in un futuro che forse non va oltre il 2050; un modo per risolvere un problema di alimentazione proteica a basso costo .

All’estremo opposto la soluzione proposta in “ 2022 , i sopravvissuti “. In un mondo che non ha più risorse le proteine vengono distribuite dalla multinazionale Soylent, e sono contenute nell’omonima sostanza (soylent appunto) razionata e distribuita giornalmente dalle autorità .Alla fine del film si scoprirà la sua macabra fonte

Probabilmente anche phol allora era a conoscen

za della ipotetica possibilità di produrre carne in vitro.

Il 17 gennaio del 1912 il biologo premio Nobel Alexis Carrel mise il tessuto prelevato dal cuore dell’embrione di un pollo in una soluzione di nutrienti, e lo tenne in vita nel suo laboratorio, al Rockefeller institute, per più di vent’anni. L'esperimento suscitò grande interesse, e la speranza che la scienza potesse assicurare l'immortalità agli uomini.

«Da qui a cinquant'anni dovremmo abbandonare l'assurda idea di allevare un pollo intero per mangiarne il petto o le ali; cresceremo invece queste parti separatamente, in appositi mezzi di coltura » Così , scriveva Winston Churchill nel 1932 nel libro: “ Thoughts and Adventure “

Oggi , almeno teoricamente, la nostra ‘gallina spaziale è disponibile , l’idea originale , anzi l’ossessione ( come dice lui ) è di Willem van Eelen.

Van Eelen venne catturato dai giapponesi che lo fecero lavorare in un campo di prigionia per anni : in malesia : “ Lavoravamo dalla mattina alla sera per costruire piste d’atterraggio. Ci picchiavano come cani. Non c’era quasi niente da mangiare. Con noi i giapponesi erano duri, ma erano ancora più crudeli con gli animali: li prendevano a calci, gli sparavano. Se uno dei cani randagi attraversava il filo spinato, i prigionieri gli saltavano addosso, lo facevano a pezzi e lo mangiavano crudo “

Dopo la guerra studiò psicologia all’università di Amsterdam ma, tormentato dal ricordo della fame e degli abusi sugli animali, cominciò anche a frequentare conferenze scientifiche. Durante un incontro sulle tecniche di conservazione della carne ebbe un’idea: “Mi chiesi: perché non possiamo far crescere la carne fuori dal corpo? Farla in laboratorio, come tante altre cose? A me piace la carne, non sono vegetariano. Ma è difficile giustificare il modo in cui trattiamo gli animali. Produrre carne senza infliggere dolore mi sembrava la soluzione più giusta”.

Van Eelen non ha mai smesso di inseguire il suo sogno, ma ci sono voluti decenni perché la scienza riuscisse a dar forma alla sua fantasia.

Tutto è cominciato nel 1981, quando nei topi sono state scoperte delle cellule staminali in grado di dividersi quasi all’infinito e trasformarsi in tessuti diversi. Van Eelen intuì subito le potenzialità della scoperta, anche se in quegli anni non c’era ancora grande interesse per la trasformazione delle cellule muscolari in carne Nel 1999, ottenne il brevetto statunitense e quello internazionale per la “produzione di carne attraverso coltura cellulare”. Per la prima volta autorevoli studiosi cominciarono a prenderlo sul serio

Van Eelen e H.P. Haagsman, scienziato dell'Università di Utrecht, riuscirono ad ottenere dei fondi dal governo olandese per finanziare un consorzio che intendeva dimostrare che le cellule staminali potevano essere prelevate da animali nelle fattorie, fatte crescere in coltura e indotte a trasformarsi in cellule muscolari. Gli scienziati riuscirono a far crescere piccole strisce sottili di tessuto muscolare in laboratorio - qualcosa che somigliava a pezzi di capesante e aveva la consistenza gommosa del calamaro ­ma rimanevano numerosi ostacoli per la produzione a larga scala. «Alla fine sapevamo molto più di prima. Ma ancora non riusciva­mo a ottenere da una capsula di Petri qualcosa che sapesse di bistecca», racconta Peter Verstrate, che nel consorzio rappresentava la Meester Stegeman e attualmente lavora come consulente.

Van Eelen però non era il solo a immaginare una rivoluzione simile. Nel 2005, un articolo del New York Tìmes » concludeva che tra qualche anno potremmo avere carne prodotta in laboratorio, pronta per essere venduta come salsicce e involtini». Un paio di mesi prima dell'uscita dell'articolo, alcuni ricercatori avevano pubblicato su Tissue Engineering» il primo studio sulle prospettive della produzione industriale della carne coltivata. Tra gli autori c'era la­on Matheny, fondatore di New Harvest, un'organizzazione a favore della carne prodotta in laboratorio.

La carne che cresce in bioreattori, al posto di quella da allevamenti, potrebbe aiutare a ridurre l'impatto ambientale. Hanna Tuomisto, PhD all'Università di Oxford, è coautrice di uno studio pubblicato lo scorso anno sul potenziale impatto ambientale della carne coltivata.

Lo studio ha mostrato che se gli scienziati coltivassero cellule muscolari in una coltura di idrolizzato di cianobatteri, questa procedura farebbe risparmiare tra il 35 e il 60 per cento dell'energia, abbatterebbe delI'80-95 per cento le emissioni di gas serra e userebbe il 98 per cento in meno di terreno rispetto ai siste­mi convenzionali usati in Europa per la produzione di carne.

Oggi il 30 per cento della superficie terrestre libera dai ghiacci è sfruttato per l'allevamento diretto o per coltivazioni a uso animale. Se la coltura di carne in laboratorio diventasse praticabile e si diffondesse, gran parte del terreno agricolo si potrebbe usare per altri scopi, compresa la crescita di nuove foreste, che assorbirebbero carbonio dall'atmosfera.

La carne non dovrebbe più viaggiare per il mondo, perché i centri di produzione sarebbero collocati vicino ai consumatori. Alcuni sostenitori di questa idea prevedono la nascita di piccoli laboratori urbani di carne che vendono i loro prodotti in mercati locali.

«In futuro [questa] sarà l'unica scelta possibile" afferma Mark Post, direttore del Dipartimento di fi­siologia dell'Università di Maastrìcht, «Non riesco a capire come, nei prossimi decenni, si possa solo immaginare di continuare con le vecchie tecniche di allevamento per la produzione di carne».


In teoria, una fabbrica di carne in vitro funzionerebbe più o meno così: si isolerebbero cellule staminali adulte o embrionali da maiali, mucche, polli e altri animali. Le cellule staminali si dividerebbero ripetutamente per mesi e mesi. In seguito si farebbero trasformare le cellule in muscolo

Alla fine, le cellule muscolari dovrebbero «mettere su massa», un po' Poi si farebbero crescere queste cellule in bioreattori, usando una coltura di origine vegetale. Quando le cellule cominciano a riprodursi formando il tessuto muscolare, verrebbero montate su una sorta di impalcatura biodegradabile. In questo modo il tessuto può essere allungato e modellato a forma di cibo facendo come gli animali che sviluppano la loro muscolatura con il movimento e – almeno in teoria – venduto e consumato come le carni trattate industrialmente da cui si ricavano hamburger e salsicce

In Europa e negli Stati Uni-ti è nata una nuova disciplina scientifica, alimentata da un’insolita collaborazione tra biologi cellulari, ingegneri tissutali, attivisti per i diritti degli animali e ambientalisti. Dopo una partenza incerta, il movimento si è consolidato quando, nel 2001, la Nasa ha finanziato un esperimento guidato da Morris Benjaminson sulla produzione di carne per i voli spaziali. Benjaminson, un bioingegnere del Touro college di New York, ha ta­gliato dei filetti di pesce rosso e li ha immersi in una soluzione nutriente ricavata dal sangue di feti di bovino.

Nel giro di una settimana, i pezzi di pesce sono cresciuti quasi del 15 per cento. Il risultato non era carne, certo, ma dimostrava che produrre carne fuori dal corpo era possibile.

Poi, nel 2004, sollecitato dalle continue pressioni di Van Eelen, il governo olandese ha assegnato due milioni di euro a un consorzio di uni­versità e centri di ricerca di Amsterdam, Utrecht ed Eindhoven. Il fondo era mode­sto, ma ha contribuito a trasformare i Paesi Bassi in una specie di Silicon valley della carne in provetta.Van Eelen non è stato l’unico a non farsi scoraggiare dall’indifferenza.

Anche Vladi­mir Mironov, professore associato presso il dipartimento di biologia cellulare e anato­mia della Medical university of South Carolina, sta cercando una tecnica per produrre carne in provetta. Bioingegnere dei tessuti, Mironov è cresciuto in Russia e ha studiato al Max Planck institute con Werner Risau, pioniere della biologia vascolare. Nei primi anni ottanta si è trasferito negli Stati Uniti, dove ha cominciato a interessarsi alla possibilità di produrre carne in laboratorio. “Qualche anno fa ho cercato di ottenere un finanziamento”, mi racconta nel suo labo­ratorio di Charleston. “Ma non ci sono riu­scito. Allora ho cercato investitori privati. Niente. Ho contattato grosse aziende. An­cora niente. Ma lentamente, un po’ alla vol­ta, qualcosa ha cominciato a muoversi”.Nelle università di tutto il mondo sono nate équipe di ricerca, alcune interessate a migliorare le condizioni di vita degli animali, altre alla medicina rigenerativa, altre ancora alla carne artificiale come possibile soluzione alla crisi ambientale. Tutte, però, hanno un obiettivo comune: produrre carne senza usare animali. E produrne abbastanza per poterla mettere sul mercato. di ricerca, alcune interessate a migliorare le condizioni di vita degli anima­li, altre alla medicina rigenerativa, altre an­ora alla carne artificiale come possibile soluzione alla crisi ambientale. Tutte, però, hanno un obiettivo comune: produrre carne senza usare animali. E produrne abbastan­za per poterla mettere sul mercato. “È un’idea elementare”,dice Ingrid Newkirk, cofondatrice e presidente della Peta (People for the ethical treatment of animals). Tre anni fa quest’associazione, dotata di uno straordinario talento per le pubbliche relazioni, ha messo in palio un milione di dollari da destinare al primo gruppo di ricerca in grado di realizzare “un prodotto a base di carne di pollo prodotta in vitro con il sapore e la consistenza della vera carne di pollo”.

Di recente la Peta ha fornito i fondi necessari per consentire al bioingegnere Nicholas Genovese di lavorare nel laboratorio di Mironov: una specie di borsa di studio a spese dell’associazione. “Se la gente non è disposta a smettere di mangiare enormi quantità di animali”, ha spiegato Newkirk, “allora bisogna potergli offrire carne ottenuta senza gli orrori del mattatoio, del trasporto sui carri bestiame, delle mutilazioni e delle atrocità subite dagli animali negli allevamenti”.

Con il passare degli anni il nostro modo di consumare la carne è diventato sempre più pericoloso, sia per gli individui sia per il pianeta. Secondo la Fao, l’industria globale dell’allevamento è responsabile di quasi il venti per cento delle emissioni di gas serra del pianeta, cioè più di tutte le auto, i treni, le navi e gli aerei messi insieme. Il bestiame consuma quasi il 10 per cento delle risorse mondiali di acqua dolce, e l’80 per cento di tutto il terreno coltivabile è destinato alla produzione di carne.

Purtroppo , oggi , sarà difficile, che qualcuno di noi possa mangiare un hamburger di carne sintetica , almeno sino a qualche mese fa il costo di un Hamburger o di una salsiccia sarebbe stato di circa 300.000 dollari .

Mark Post punta a creare una salsiccia in vitto solo per dimostrare che è possibile. Ha calcolato che costerà 300.000 euro e che terrà impegnati due studenti di dottorato e tre incubatori per sei mesi. «Prenderemo due o tre biopsie da un maiale - spiega - diciamo 10.000 cellule stamìnali. Dopo 20 divisioni dovremmo avere dieci miliardi di cellule».

Gli studenti useranno 3000 capsule di Petri per produrre tanti piccoli frammenti di tessuto muscolare suino, che poi saranno compattati in forma di salsiccia, con spezie e altri ingredienti non animali, per ottenere la giusta consistenza e sapore. Alla fine gli scienziati potranno mostrare la salsiccia vicino al maiale vivo da cui è cresciuta.

«È soprattutto una trovata per generare nuovi fondi, dice Post «Stiamo cercando di dimostrare che da questa ricerca siamo in gra­do di ottenere un prodotto commerciale, Ma avrà il sapore di una salsiccia? «Penso proprio di sì», afferma Roelen, «Buona parte del sapore tipico dei bocconcini di pollo o delle salsicce è artificiale. Per fargli avere quel sapore si aggiungono sale e altri ingredienti.

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